Ragusa
Daouda Diane, per il procuratore D’Anna tutte le ipotesi sono aperte
Per il Procuratore di Ragusa Fabio D'Anna il caso non è chiuso, le indagini continuano per scoprire cosa è successo al trentenne ivoriano scomparso da Acate più di un anno fa.
Rimane aperto il caso di Daouda Diane, il 30enne ivoriano visto l’ultima volta in un cementificio di Acate il 2 luglio del 2022. Dopo le dichiarazioni di ieri dell’avvocato di Carmelo Longo, indagato nella vicenda, parla il procuratore di Ragusa Fabio D’Anna che dice di aver indagato in tutte le direzioni in questi mesi, di aver svolto accurate indagini tecniche e che non è emerso nessun dato che avvia portato ad imboccare una pista precisa.
Tutte le ipotesi sono aperte. Le indagini non si sono mai fermate: si è passato al setaccio il cementificio e le abitazioni, sono stati controllati alcuni terreni di proprietà dei titolari del cementificio, sono stati acquisiti cellulari, computer, vestiti. Non è emerso nessun indizio. L’inchiesta, per il momento, è ferma, ma non è affatto conclusa. “Stiamo lavorando senza lasciare nulla d’intentato”, ha continuato D’Anna, escludendo che si possa andare verso una conclusione nell’immediato perché “stiamo indagando in più direzioni”.
La Procura, che ha aperto un fascicolo per omicidio e occultamento di cadavere, ha iscritto nel registro degli indagati Longo, con la moglie e il figlio per permettere gli atti d’indagine e gli accertamenti tecnici. Longo ha sempre negato che Daouda si trovasse lì per lavoro, sostenendo che l’ivoriano aveva chiesto di lavorare ma gli era stato negato e poi, dopo insistenze, gli era stato consentito di spazzare il piazzale. “La Procura di Ragusa ha spesso fatto appello per abbattere il muro di omertà su questa vicenda, ma sono certo che la Procura si riferisce a tutti i filoni d’indagine, non solo alla famiglia Longo”, ha dichiarato l’avvocato La Martina.
“Le indagini sui miei assistiti sono state accurate, anzi sono stati proprio loro a chiedere che venissero effettuati tutti gli accertamenti. Poiché Daouda era stato visto, l’ultima volta, nel cementificio, solo indagini minuziose avrebbero permesso di escludere, oltre ogni ragionevole dubbio, ogni coinvolgimento della famiglia e dell’azienda. Gli inquirenti hanno passato al setaccio l’azienda, le abitazioni, le pertinenze, i telefoni cellulari, i computer, i mezzi di trasporto, persino i vestiti. Finora non è emerso nulla, ma si continua ad indagare e a seguire diverse ipotesi ancora aperte.