Palermo

Delitto Mattarella, Orlando: “Servono ancora sprazzi di verità storica”

L’ex sindaco di Palermo: “La verità giudiziaria è lacunosa. Quell’omicidio coinvolge entità diverse dalla mafia”

di Sergio Randazzo -

“Sono convinto che possano arrivare altri sprazzi di verità storica”. Con queste parole, pronunciate in un’intervista al Quotidiano Nazionale, l’eurodeputato Leoluca Orlando, già sindaco di Palermo, torna a parlare del delitto di Piersanti Mattarella, presidente della Regione siciliana ucciso il 6 gennaio 1980.

Per Orlando, l’ultima svolta investigativa non è che “la conferma di una verità storica che non coincide con quella giudiziaria”. La ricostruzione dei tribunali, sostiene, “resta assolutamente lacunosa e inattendibile, perché si limita alla rituale condanna della Cupola di Cosa nostra, senza chiarire nulla sui mandanti esterni”.

“Un intreccio di poteri eversivi e interessi internazionali”

“Da quarantacinque anni – aggiunge Orlando – molti di noi ripetono che quell’omicidio coinvolge entità diverse dalla mafia”. L’ex sindaco lega l’assassinio del fratello del Presidente della Repubblica a un disegno eversivo più ampio, “in cui si intrecciano eversione nera, P2, massoneria deviata, politica collusa e interessi internazionali che hanno bloccato, con il sangue di Aldo Moro e di Piersanti Mattarella, il compromesso storico che avevamo realizzato a Palermo nel 1987, prima che cadesse il Muro di Berlino”.

“Senza verità storica è in pericolo la democrazia”

Il fondatore de La Rete mette in guardia anche dal trascorrere del tempo, che “comporta la prescrizione di alcuni reati e la morte di alcuni indagati. Più il tempo passa, più dobbiamo rassegnarci ad avere solo la verità storica. Ma senza di essa – conclude – restano in pericolo la libertà e la democrazia del nostro Paese”.

Violante: “Due strategie eversive si incrociarono”

Sulle stesse indagini, interviene anche Luciano Violante, ex presidente della Camera ed ex presidente della Commissione Antimafia, in un’intervista a la Repubblica. Violante invita alla prudenza, ma individua nel delitto Mattarella “l’intersezione fra due strategie eversive diverse”.

“La prima – spiega – è quella degli attentati ai dirigenti morotei: oltre a Mattarella penso a Reina, Bachelet, Ruffilli. Tutti esponenti democristiani che portavano avanti un dialogo costruttivo con il Pci. La seconda riguarda una mafia che proprio in quegli anni cambia volto, modificando la propria modalità di azione”.