Cronaca
“È il suo testamento”: Roberto Saviano racconta l’ultimo interrogatorio di Messina Denaro
Il giornalista e scrittore Roberto Saviano analizza l’ultimo interrogatorio di Matteo Messina Denaro prima della morte, raccontando il testamento morale del boss di Cosa Nostra
È morto durante la notte presso l’ospedale dell’Aquila Matteo Messina Denaro, boss di Cosa Nostra catturato il 16 gennaio scorso e da mesi nel carcere di massima sicurezza. Il boss, malato di cancro da tempo, è deceduto in ospedale dopo essere entrato in coma irreversibile.
Video per Fanpage
Nel suo video per Fanpage.it, Roberto Saviano ha analizzato l’ultimo interrogatorio di Messina Denaro davanti al pm Maurizio De Lucia, analizzando i passaggi che rendono quell’interrogatorio “il testamento morale del boss”. “Questo interrogatorio è un prima – spiega Saviano -. Ti aiuta a vedere chi è Messina Denaro e ti lascia intendere alla perfezione cosa vuole dire anche senza dirlo”. Secondo Saviano, al momento dell’arresto il boss, anche se malato, era ai vertici di Cosa Nostra. “Lo era prima di essere arrestato e lo era anche al momento del fermo. Non ci sono prove sul suo ruolo in Cosa Nostra al momento dell’arresto, ma da “uomo d’onore” ha scelto di non rispondere direttamente alle domande del giudice”. Messina Denaro voleva però lasciare qualcosa di sé, una sorta di “testamento morale” e quindi spiega al giudice che durante l’interrogatorio “risponderà ad alcune domande, sottolineando però i motivi per cui lo farà, cose alle quali non risponderà e altre cose sulle quali non dirà nulla ma non senza spiegarne il perché”.
Il “testamento morale” nell’interrogatorio di Messina Denaro
L’interrogatorio del pm Maurizio De Lucia parte da alcuni dettagli e continua poi a seguire il filone di quei dettagli. La prima domanda, infatti, riguarda una pistola che Messina Denaro dice di aver “ricevuto dal Belgio”, senza però spiegare da chi. Nella sua risposta parziale c’è molto del senso del suo interrogatorio. Non vuole rispondere davvero alle domande del pm, così come da tradizione dell’uomo d’onore, ma vuole lasciare il suo testamento morale, comunicando con le persone affiliate a Cosa Nostra e “discolpandosi” per alcuni reati dei quali non si ritiene responsabile.
Un uomo d’onore
“In questo modo – continua il giornalista – Messina Denaro sta affermando senza farlo di essere un uomo d’onore e lo fa con la sua non risposta. Infatti dice di ‘sentirsi uomo d’onore, ma di non esserlo nel senso mafioso del termine’. Non potrebbe definirsi uomo d’onore in presenza di un giudice, anche perché la tradizione vuole che un uomo d’onore non possa definirsi tale neppure davanti a un altro affiliato di un clan. Soltanto una terza persona, anch’essa affiliata, può presentare due uomini d’onore. In questo caso, quindi, il boss cerca di far capire il proprio codice senza rispondere direttamente alla domanda, perché non potrebbe”.
E su cosa nostra
Nella risposta di Messina Denaro, che si definisce “uomo d’onore nel senso di altri” si nasconde quindi tutto il senso del suo interrogatorio: non si definisce affiliato a Cosa Nostra (che spiega di conoscere “solo dalla Tv”) e apre la strada alla descrizione di “criminale onesto”, che gli servirà per respingere le accuse relative agli omicidi del piccolo Di Matteo e di Puglisi.