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Gela, terapia intensiva incompiuta al “Vittorio Emanuele”

Cinque anni di attesa

di finmedia -

Cinque anni di attesa. Una terapia intensiva costruita, arredata, ma mai utilizzata. È quanto accade all’ospedale “Vittorio Emanuele” di Gela, dove un reparto nato per fronteggiare l’emergenza Covid è rimasto inutilizzato per gravi errori progettuali.

Tutto parte nel 2020, nel pieno della pandemia: Eni, la multinazionale dell’energia, stanzia fondi per la realizzazione di una nuova terapia intensiva. I lavori vanno avanti, ma una volta conclusi, emerge un problema grave: la rampa di collegamento con il blocco operatorio non è idonea all’uso sanitario. Serve un collegamento orizzontale, e quel difetto progettuale blocca l’avvio del reparto.

Nel frattempo passano gli anni. A settembre 2024 vengono installati macchinari e arredi, e la Direzione sanitaria annuncia una prossima apertura. Ma ancora una volta, nulla si muove.

Solo nelle scorse settimane si è chiusa la conferenza di servizi decisoria. È stata approvata, in via amministrativa, la realizzazione ex novo del collegamento tra la terapia intensiva e il blocco operatorio. Costo previsto: 200mila euro.

Questa volta, a mettere i soldi sarà l’Asp. Eni ha finanziato solo il nuovo progetto esecutivo, lasciando la costruzione materiale all’Azienda sanitaria.

La burocrazia, gli errori tecnici e l’assenza di una regia efficace hanno trasformato un’opera urgente in un simbolo di inefficienza. Ora la palla passa al Rup, il responsabile unico del procedimento, che dovrà assegnare i lavori e avviare finalmente il cantiere per il collegamento mancante.

Ma intanto, a cinque anni dalla sua realizzazione, quella che doveva essere una struttura salvavita resta un reparto fantasma. In un territorio dove la sanità è spesso al centro di emergenze e carenze croniche, il caso della terapia intensiva mai attivata è l’emblema di un sistema che, tra burocrazia, ritardi e progetti sbagliati, rischia di lasciare i cittadini senza risposte proprio quando servono di più.