Palermo
Il casolare di Peppino Impastato diventa ufficialmente luogo della memoria
Una storia lunga quarantasette anni
Quel casolare, nascosto tra i binari e le campagne, dove il 9 maggio 1978 fu ritrovato il corpo martoriato di Peppino Impastato, oggi è finalmente restituito alla collettività. Dopo anni di battaglie civili e istituzionali, è stato ufficialmente affidato in concessione d’uso gratuito all’associazione Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato Onlus, insieme al Centro siciliano di documentazione Giuseppe Impastato Onlus e all’associazione culturale Peppino Impastato.
Un atto che ha il sapore della giustizia e della riconoscenza. Perché quel luogo, silenzioso testimone di un delitto mafioso, diventa ora presidio di cultura, legalità e memoria.
Una storia lunga quarantasette anni
«È un risultato che arriva dopo anni di impegno e di lavoro», ha spiegato commossa la soprintendente ai Beni culturali e ambientali di Palermo, Selima Giuliano, che ha seguito passo dopo passo l’intero iter: dal vincolo monumentale all’esproprio, fino ai lavori di restauro, curati con risorse del Fondo Sviluppo e Coesione 2014-2020.
Il casolare, acquisito dalla Regione Siciliana nel 2020, è stato restaurato nel pieno rispetto della sua identità storica, anche grazie al lavoro dei tecnici della Soprintendenza. L’intervento ha riguardato sia la struttura del fabbricato rurale che l’area esterna, con l’obiettivo di trasformarlo in uno spazio vivo e accessibile.
Un luogo per non dimenticare
Situato lungo la linea ferroviaria Palermo-Trapani, quel casolare è diventato negli anni una meta simbolica: un punto di arrivo per chi percorre il “cammino della memoria” dedicato a chi ha sacrificato la vita per contrastare la mafia.
Peppino Impastato, con la voce libera di Radio Aut, aveva osato sfidare pubblicamente i boss del suo paese, denunciando con ironia e coraggio le trame di Cosa Nostra. Il suo impegno è stato pagato con il sangue, ma oggi trova casa in quel luogo che profuma ancora di lotta e resistenza.
Ora il casolare sarà gestito per sei anni dalle tre associazioni, che lo trasformeranno in centro di cultura, formazione e memoria. Non un museo del dolore, ma un faro acceso sulla dignità e il coraggio di chi ha scelto di non voltarsi dall’altra parte.