Cronaca
“Il guanto che torna dal passato”
Delitto Mattarella
C’è un oggetto che torna dal passato. Un guanto di pelle marrone. (Inquadratura: primo piano grafica del guanto) Trovato sull’auto usata dai killer nella fuga dopo l’omicidio di Piersanti Mattarella, presidente della Regione Siciliana. Quarantacinque anni fa lo fotografarono gli investigatori: subito dopo… è sparito. Per la Procura di Palermo non fu un errore. Fu un depistaggio di Stato.
Arrestato ieri Filippo Piritore, 75 anni, ex funzionario della Squadra Mobile e in seguito alto dirigente dello Stato. Secondo l’accusa avrebbe occultato il guanto, falsificato attestazioni, deviato le indagini sin dal primo momento. Perché quel guanto non era un dettaglio: era un reperto che poteva inchiodare i sicari.
Piersanti Mattarella era figura emergente della Democrazia Cristiana, un politico che guardava avanti: una svolta della Sicilia, un taglio netto tra affari, mafia e politica. Il suo modello veniva da Roma: Aldo Moro. Mattarella fu infatti sostenuto da Moro, che lo volle nel Consiglio nazionale della DC e lo indicò come punto di riferimento della corrente riformista siciliana.
Questo legame politico è fondamentale: Mattarella non era solo un presidente regionale. Era erede di una linea nazionale che Moro – rapito e ucciso nel 1978 – stava tentando di incarnare.
Ancora prima, il 9 marzo 1979, veniva assassinato Michele Reina, segretario provinciale della DC di Palermo, tra i primi politici inflessibili nei confronti della mafia siciliana. Il delitto Reina è parte integrante di questa stagione lunga di “delitti politico-mafiosi” in Sicilia: montature, depistaggi, attacchi mirati.
Mattarella viene freddato sotto casa, mentre si reca in macchina alla messa con la famiglia. Scena drammatica: spari, vetri che si frantumano, la fuga. La Fiat 127 bianca con targhe contraffatte viene abbandonata poco dopo. Le indagini iniziano. Le prime rivendicazioni parlavano di terrorismo di sinistra – sulla scia delle dichiarazioni del politico mafioso Vito Ciancimino. Poi si spostano verso l’eversione di destra, i gruppi neofascisti, i terroristi dei NAR come Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, che però saranno prosciolti.
Ad aprile 1995 la sentenza riconosce il mandante mafioso: boss della ‘Commissione’ della mafia siciliana, fra i quali Riina, Provenzano, Calò, Brusca, Madonia, Geraci, sono condannati come mandanti.
Ma i killer? Non identificati. E il guanto? Sparito.
Adesso la nuova inchiesta riapre due nomi: Antonino Madonia e Giuseppe Lucchese — entrambi già condannati per altri omicidi importanti — ora indagati come esecutori materiali del delitto Mattarella.
E rientra al centro la sparizione del guanto: la traccia mai analizzata, il reperto che poteva inchiodare i sicari.