Cronaca

In mare senza cibo e acqua per giorni, 60 migranti morti

di Sergio Randazzo -

Una famiglia di migranti naufragati, costretta a un’odissea senza fine, ha vissuto l’inferno delle acque per sette giorni, priva di cibo e acqua, mentre la morte si presentava loro sotto forma di onde agitate. Tra i sopravvissuti, un bambino di un anno e mezzo e sua madre, testimoni involontari della tragedia umana che si è consumata davanti ai loro occhi. Questo ennesimo dramma si è consumato nel cuore del Mediterraneo, diventato un cimitero per chi cerca una vita migliore.

La nave Ocean Viking di Sos Mediterranee ha portato in salvo quasi 300 persone, tra cui i 25 superstiti di un gommone in avaria al largo della Libia. Ma mentre le operazioni di soccorso erano in corso, la Corte di giustizia europea ha deciso di respingere l’iter urgente per il decreto Cutro, che sarà quindi affrontato con una procedura ordinaria. Nel frattempo, il ministero dell’Interno ha presentato ricorsi contro le ordinanze del Tribunale di Catania che non convalidavano il trattenimento di alcuni migranti tunisini a Pozzallo, conformemente al decreto governativo.

Oltre alle questioni giudiziarie, rimangono le testimonianze dei sopravvissuti a questa ennesima tragedia nel Mediterraneo. Il gommone era partito da Zawiya una settimana prima, ma il motore si è spento dopo soli tre giorni. I migranti sono rimasti alla deriva per quattro giorni, affrontando fame e sete, prima che l’equipaggio della Ocean Viking li trovasse. Durante queste ore interminabili, decine di persone hanno perso la vita. “Ho parlato con un uomo che ha perso sua moglie e il figlio di un anno e mezzo”, racconta Lucille Guenier, portavoce dell’ONG. “Il bambino è morto nei primi giorni di viaggio, mentre sua madre è deceduta il quarto giorno. Erano entrambi senegalesi e si trovavano in Libia da più di due anni”.

A bordo del gommone c’erano circa cento persone, tutte giunte “al limite della loro resistenza fisica”, come spiegano i medici della Ocean Viking. “Due persone erano svenute”, racconta Anne, “molti altri erano ipotermici e quasi tutti estremamente disidratati, avendo bevuto solo un po’ di acqua di mare per sopravvivere”. Oltre ai danni fisici, inevitabile il trauma psicologico per aver assistito alla morte di decine di persone, tra familiari, amici o conoscenti, inghiottiti dal mare.

Due dei sopravvissuti sono stati evacuati dalla Ocean Viking con un elicottero della Guardia Costiera, che li ha portati fino a Lampedusa. Da lì, sono stati trasferiti negli ospedali di Agrigento e Palermo per ricevere le cure necessarie. Ma il salvataggio disperato della scorsa notte non è stato l’unico per la nave di Sos Mediterranee, che ha effettuato altri due soccorsi su indicazione della Guardia Costiera italiana, salvando la vita a altre 224 persone, tra cui diverse donne e 35 minori non accompagnati.

Ora questi migranti dovranno affrontare un altro lungo viaggio verso il porto sicuro assegnato loro, quello di Ancona. Tuttavia, l’ONG denuncia che questo viaggio di 1.450 km rischia di peggiorare le condizioni mediche dei naufraghi, alcuni dei quali sono ancora dipendenti dall’ossigeno per recuperare. La polemica non tarda ad arrivare, con l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni che definisce “ampiamente insufficiente” il sistema di soccorso in mare e invita a “fare di più per salvare vite”. Anche l’UNHCR esprime “profonda tristezza”, appellandosi affinché “le persone non debbano mettere a rischio le loro vite alla ricerca di sicurezza”.

L’ennesima strage di innocenti nel Mediterraneo ha scatenato reazioni di sdegno da parte di vari esponenti politici, con richieste di azioni concrete per evitare che simili tragedie si ripetano.