Catania
Medico sospeso: indagato per presunta violenza sessuale
L’avvocato difensore del medico, che respinge fermamente le accuse
Un medico di 63 anni, Giuseppe Angelo Reina, in servizio nella sanità pubblica catanese, è stato sospeso per dodici mesi dall’esercizio delle funzioni in strutture ospedaliere e sanitarie pubbliche. La decisione è stata presa dal gip di Catania nell’ambito di un’inchiesta che lo vede indagato per violenza sessuale nei confronti di una collega medico chirurgo. Secondo la ricostruzione della Procura, i fatti contestati sarebbero avvenuti tra il dicembre 2018 e il settembre 2024, quando l’indagato ricopriva il ruolo di primario in un reparto dell’ospedale di Paternò. L’uomo, approfittando del proprio ruolo gerarchico, avrebbe tenuto “comportamenti espliciti finalizzati a ottenere prestazioni sessuali da personale femminile della struttura”, anche durante i turni di lavoro. L’ufficio della Procura specializzato in reati contro le fasce deboli sostiene che il medico avrebbe agito abusando della sua autorità e sfruttando il timore, da parte delle presunte vittime, di subire conseguenze professionali. Alcuni episodi sarebbero stati ripresi da impianti di videosorveglianza e, in almeno un caso, si sarebbero verificati persino in presenza di pazienti. La Procura ha contestato più episodi, ma il gip ha ravvisato gravi indizi di colpevolezza soltanto per un caso: quello relativo a una dottoressa che sarebbe stata costretta a subire atti sessuali in sala operatoria, senza possibilità di difendersi o manifestare dissenso. Alla luce della gravità delle accuse e della molteplicità delle segnalazioni, la Procura aveva chiesto l’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere. Il gip ha rigettato questa richiesta, disponendo invece la sospensione dall’esercizio delle funzioni pubbliche per un anno. L’ufficio inquirente si è riservato di impugnare il rigetto dell’arresto. L’Azienda sanitaria provinciale di Catania, presa visione del provvedimento, ha immediatamente avviato le procedure di esecuzione dell’ordinanza. In una nota ufficiale ha sottolineato come i fatti contestati impongano “rigorosa attenzione, rispetto e responsabilità, a tutela delle persone coinvolte, della collettività e delle istituzioni”. Di segno opposto la posizione dell’avvocato difensore del medico, Rosario Pennisi, che respinge fermamente le accuse. Secondo la linea difensiva, l’inchiesta sarebbe nata dalla denuncia di una collega con la quale vi sarebbero stati rapporti conflittuali. L’episodio contestato in sala operatoria, sottolinea la difesa, “non è stato un gesto violento” e il professionista sarebbe oggi vittima di una campagna diffamatoria. “Le accuse non hanno retto davanti al gip e non reggeranno davanti al Tribunale del Riesame”, ha dichiarato il legale.