Palermo
Minacce di morte a Schifani
Una riflessione sulla mafia
Le indagini sono in mano alla magistratura e ovviamente starà agli investigatori fare luce su chi e perché ha minacciato di morte il Presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani. Dall’esterno c’è però un dato che induce alla riflessione. Le minacce non sono generiche come spesso capita, non c’è il “devi morire” o la testa di capretto sulla porta. Nella telefonata anonima gli è stato detto “il crack è sofferenza alla tua famiglia”, nella lettera anonima gli è stato scritto “brucerai nei tuoi bruciatori”.
Viene in mente, di conseguenza, l’evoluzione degli affari della criminalità organizzata. In Sicilia sono stati storicamente parecchi, tanto che la mafia è stata chiamata anche “piovra” per i molti tentacoli che avvolgono, contaminano e cercano di stritolare. Dalle infiltrazioni nella politica agli appalti pubblici e privati, dal pizzo imposto ai commercianti alla pretesa (sempre con violenza e intimidazione) di sostituirsi allo Stato per dare un aiutino ai bisognosi, dalle raccomandazioni alle censure, dall’energia ai trasporti: innumerevoli tentacoli! E però il sacrificio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e di tanti altri eroi dell’antimafia autentica (non quella di facciata che alimenta narcisismo e imbrogli) non è stato vano perché dalla metà degli anni ’90 del secolo scorso la mafia ha preso un po’ di sberle.
E’ ancora forte ma non più “piovra”, parecchi tentacoli ancora li ha ma sono mollicci e più corti. In due “settori” (consentiteci il termine) è probabilmente sempre forte, radicata, potente, pericolosa: droga e rifiuti. Nel traffico e spaccio di stupefacenti si è evoluta, usa i social, apre nuove piazze di spaccio quando alcune vengono chiuse, il suo livello di “internazionalizzazione” è alto. Nel sapersi infiltrare nell’enorme business della raccolta e smaltimento della monnezza resta abile e ben presente. Due punti di questo governo regionale sono la legge anti crack (con consenso bipartisan in Parlamento) e l’ostinazione a costruire i termovalorizzatori (per non essere schiavi delle discariche e di chi ci specula). “Segui i soldi” diceva proprio Giovanni Falcone per agguantare i mafiosi: da osservatori esterni ribadiamo che queste minacce sono agganciate agli ultimi punti forti di Cosa nostra e le scelte della politica siciliana in materia di lotta alla droga e risoluzione dell’emergenza rifiuti possono colpire quel che resta di Cosa Nostra nel punto in cui essa è più sensibile: il portafogli!