Attualità
Movida di pregheria allo Zen
In prima fila la mamma di Paolo Taormina, il ragazzo ucciso una settimana fa. Il prefetto Mariani assicura: faremo il possibile per frenare ondata di violenza: serve uno sforzo comune
In prima fila c’è lei Fabiola, la mamma di Paolo, il ragazzo ucciso a sangue freddo domenica scorsa. E c’erano le mamme del Zen, il quartiere da dove è partito il commando di giovani criminali che ha scatenato la rissa tracimata nel colpo esploso a bruciapelo da Gaetano Maranzano.
La città ha raccolto l’invito della Chiesa a una notte di movida diversa, una notte di preghiera e riflessione a San Filippo Neri.
L’invito a una notte di movida diversa è stato lanciato dagli Arcivescovi di Palermo e Monreale, Corrado Lorefice e Gualtiero Isacchi.
“Non stiamo venendo per condannare lo Zen, ma per dire che dove c’è convivenza umana dobbiamo esserci tutti. Se non partiamo dai più poveri, dagli scarti umani generati dalla nostra cultura dell’indifferenza, dell’economia del profitto, del piacere sfrenato, del potere della forza – è il messaggio ribadito da Lorefice – non potrà mai esserci una convivenza serena nelle nostre città. Incentiveremo disuguaglianze, ingiustizie e, conseguentemente, sottocultura e violenza. Saremo noi, che ci reputiamo giusti e meritevoli, gli sponsor invisibili ma consapevoli delle perverse strutture di peccato malavitose e mafiose».
Lo Zen è un quartiere dove vivono trentamila anime da riconquistare. E’ un obiettivo comune perché la violenza giovanile è un filo rosso che insanguina le nostre strade. Senza soluzione di continuità. Dalla strage di Monreale alla mattanza di via Spinuzza.
“Non è il luogo che crea il disagio ma è il disagio che distrugge un luogo”, ha spiegato l’arcivescovo di Monreale, Gualtiero Isacchi.
E nello stesso momento in cui allo Zen si pregava, partiva il piano di sicurezza voluto dal governo nazionale. “Non chiamatele zone rosse, anche se il nome è suggestivo, quel che è sicuro che noi faremo il massimo per frenare la violenza. Ma serve uno sforzo comune”, sostiene Massimo Mariani, il prefetto di Palermo.