Palermo

Palermo ricorda il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, “il prefetto dei cento giorni”

Un delitto che scosse Palermo

di Sergio Randazzo -

Quarantatré anni dopo la strage di via Isidoro Carini, Palermo torna a rendere omaggio a Carlo Alberto Dalla Chiesa, il generale dei Carabinieri inviato nel 1982 nel capoluogo siciliano per guidare la lotta a Cosa nostra, dopo gli importanti risultati ottenuti contro il terrorismo.

L’eccidio di via Carini

Il 3 settembre 1982, un commando mafioso uccise il prefetto insieme alla moglie Emanuela Setti Carraro, 32 anni, e all’agente di scorta Domenico Russo, anch’egli trentaduenne. La giovane coppia viaggiava a bordo di un’A112 quando fu crivellata dai colpi d’arma da fuoco.

Una strage che avvenne in un clima di isolamento istituzionale: Dalla Chiesa aveva più volte chiesto poteri speciali per fronteggiare la mafia, ma le richieste rimasero inascoltate. Poco prima di morire, nell’ultima intervista a Giorgio Bocca, aveva dichiarato: “Un uomo viene colpito quando viene lasciato solo”.

Un delitto che scosse Palermo

Secondo il magistrato Nico Gozzo, il delitto maturò in un clima di solitudine e abbandono da parte dello Stato. La percezione che il generale fosse “solo” spinse Cosa nostra a colpirlo con la convinzione di poterlo fare impunemente.

I funerali furono segnati dalle parole forti del cardinale Salvatore Pappalardo, che tuonò dall’altare citando Tito Livio: “Dum Romae consulitur… Saguntum expugnatur. Mentre a Roma si pensa sul da fare, Palermo viene espugnata! Povera Palermo nostra”.

Le condanne e le zone d’ombra

I mandanti e alcuni esecutori materiali della strage sono stati condannati all’ergastolo. Tra i vertici della cupola mafiosa riconosciuti colpevoli ci sono Totò Riina, Bernardo Provenzano, Michele Greco e Pippo Calò, oltre ai killer Raffaele Ganci, Giuseppe Lucchese, Vincenzo Galatolo e Nino Madonia.