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Versalis: CGIL E FILCTEM, confermata la chiusura di Ragusa e Priolo

L'azienda ha ribadito il suo impegno per la piena occupazione dei dipendenti diretti

di Sergio Randazzo -

Al tavolo tecnico convocato dal Mimit per discutere le conseguenze del piano di riconversione di Eni sulla chimica di base, è stata confermata la chiusura dei siti produttivi di Ragusa e Priolo. Lo hanno denunciato, in una nota congiunta, il segretario confederale della Cgil Pino Gesmundo e il segretario generale della Filctem Cgil Marco Falcinelli.

Critiche ai vertici governativi

Secondo i sindacalisti, il direttore del ministero ha dichiarato che il piano di Eni ha ricevuto il via libera diretto dal ministro Urso e dalla presidente del Consiglio Meloni. “Il Governo sovranista determina l’uscita dell’Italia dalla produzione di etilene, unica tra i paesi europei,” accusano Gesmundo e Falcinelli, sottolineando che i rischi futuri e le ricadute sulle aziende della filiera non sono stati adeguatamente considerati.

Il destino dei siti di Ragusa e Priolo

Ragusa è già considerata chiusa, con lo smantellamento e la messa in sicurezza del sito previsti a partire dal 1° gennaio. La produzione a Priolo, invece, terminerà entro il 31 dicembre 2025. I progetti di reindustrializzazione per entrambe le località risultano ancora incerti.

  • Ragusa: Le proposte includono la coltivazione di prodotti per una bioraffineria, un acceleratore di start-up e centri di ricerca sul riciclo meccanico, ma senza cronoprogramma o dettagli sugli organici necessari.
  • Priolo: Le ipotesi in campo riguardano una bioraffineria e il riciclo di plastiche chimiche. Tuttavia, l’assenza di impianti di cracking in Italia rende il progetto problematico.

Indotto e prospettive occupazionali

Eni non ha fornito numeri precisi sulle imprese e i lavoratori coinvolti, limitandosi a generiche garanzie di rioccupazione. I sindacati lamentano una mancanza di chiarezza e impegni definiti.

Appello alla mobilitazione

Gesmundo e Falcinelli denunciano una subalternità del Governo alle decisioni di Eni, volte a ridurre il rischio d’impresa scaricandolo su altre aziende. “È necessario rendere pubblica questa situazione e mobilitare i lavoratori per evitare che il declino produttivo e occupazionale diventi la nuova normalità in Italia,” concludono i sindacalisti.