Messina
Sara a Stefano: ”Basta, lasciami, basta”!
Stefano Agrigentino accusato di aver ucciso Sara Campanella accoltellandola era un invisibile come purtroppo tanti suoi coetanei.
Fino all’ultimo Sara gli aveva chiesto di essere lasciata in pace. Ma Stefano Agrigentino ha deciso per leii. I testimoni che hanno assistito impotenti all’uccisione della 22enne sul viale Gazzi hanno raccontato di averli visti litigare. Lei avrebbe detto: ”Basta, lasciami, basta”! per poi fare qualche passo e cadere a terra in una pozza di sangue. Tre coltellate, forse di più, lo stabilirà l’autopsia. E la vita di Sara le è stata rubata per sempre.
Il 27enne aveva conosciuto la studentessa universitari sui banchi del corso di laura in tecnico di laboratorio biomedico. E da quel giorno, come riferito anche dai magistrati e dai carabinieri che si stanno occupando dell’indagine, aveva con metodica continuità cercato le sue attenzioni, mostrandole il suo interesse. Non si era fermato, anche se Sara gli aveva chiaramente chiesto di essere lasciata in pace. A notare le attenzioni morbose del 27enne erano stati amici e colleghi della studentessa. In un’occasione una delle colleghe dell’università, era dovuta intervenire per allontanare Argentino che si lamentava che Sara “non gli sorrideva come in passato” e uno degli ultimi sms inviato alle amiche da Sara è: “Dove siete che sono con il malato che mi segue?”
I colleghi di Sara lo descrivono come “un ragazzo schivo, non parlava con nessuno e non aveva legato con nessuno di noi”. Era poco presente sui social. Sul suo profilo Instagram, aperto nel 2020, seguiva squadre di calcio e giocatori, una cantante e profili di gaming. Presente un link all’università di Messina. Un unico post di 7 anni, probabilmente di un viaggio in Australia.
“Da quando Sara Campanella si era iscritta all’università Stefano Argentino le manifestava attenzioni e cercava di conquistare il suo interesse con comportamenti molesti”, ha detto il procuratore di Messina D’Amato che ha però poi sottolineato come queste attenzioni, “non essendosi mai trasformate in qualcosa di minaccioso e morboso, non avevano destato una particolare preoccupazione nella vittima che pure aveva condiviso con le compagne di corso il fastidio per queste attenzioni che si andavano ripetendo nel tempo”.