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Scomparsa di Douda, parla l’avvocato

Ci sono altri filoni su cui indagare; pare che Douda avesse in corso un procedimento penale come persona offesa per il reato di minacce

di Chiara Scucces -

“Sul caso di Daouda Diane ci sono vari filoni investigativi. La stampa e l’opinione pubblica si sono concentrati quasi esclusivamente sul cementificio in cui l’uomo si trovava la mattina della sua scomparsa, ma ci sono altre piste da seguire”. Lo dice Mirko La Martina, legale di Carmelo Longo, il titolare del cementificio di Acate da cui il 2 luglio dell’anno scorso l’ivoriano di 37 anni, mediatore culturale, era scomparso.  La Procura, che ha aperto un fascicolo per omicidio e occultamento di cadavere, ha iscritto nel registro degli indagati Longo, con la moglie e il figlio, (tutti incensurati dice il legale) per permettere gli atti d’indagine e gli accertamenti tecnici. Longo ha sempre negato che Daouda si trovasse lì per lavoro. Ha sostenuto che l’ivoriano aveva chiesto di lavorare ma gli era stato detto di no e poi dopo le insistenze gli era stato consentito di spazzare il piazzale. “La Procura di Ragusa ha spesso fatto appello per abbattere il muro di omertà su questa vicenda – dice l’avvocato – Ma sono certo che la Procura si riferisce a tutti i filoni d’indagine non solo alla famiglia Longo. Gli inquirenti hanno passato al setaccio l’azienda, le abitazioni, le pertinenze, i telefoni cellulari, i computer, i mezzi di trasporto, persino i vestiti. Non è emerso assolutamente nulla. Bisogna quindi puntare anche su altre piste”. La mattina in cui è scomparso Daouda avrebbe mandato dei video al fratello che si trova in Costa d’Avorio e al coinquilino con cui viveva nella casa di Acate. “In uno dei video l’ivoriano dice: ecco dove Binguiste, che in ivoriano significa “Africano che vive in Europa” lavora – sostiene il legale – E continua dicendo “bugiardo” e “maledetto”. L’ivoriano è un mediatore culturale e guadagna circa 1.300 euro al mese. Perché affermava di lavorare al cementificio dove si era recato solo due volte? Sarebbe importante sapere a chi si rivolgesse nel video”. La Martina aggiunge: “Sappiamo che Daouda aveva in corso un procedimento penale come persona offesa per il reato di minacce da parte di un’altra persona straniera. Anche questo è un elemento da attenzionare”.