Attualità
Violenza psicologica e sessismo nello sport
Chi lavora nel settore del nuoto e chi si occupa di proteggere le donne da ogni tipo di violenza punta i piedi e fissa i riflettori sulla necessità di sottolineare come anche questa sia una forma di violenza da cui ci si deve proteggere.
“Le donne a letto sono tutte alte uguali. Gli uomini devono studiare sette note, le donne solo 3: Sì La Do . Le olandesi sono grosse, così come la nostra Vittorioso”.
No, non abbiamo sentito queste frasi agghiaccianti al bar sotto casa, ma sulla Rai, durante la diretta dei Mondiali di trampolino sincronizzato femminile.
A pronunciarle i telecronisti Lorenzo Leonarduzzi e Massimiliamo Mazzucchi, in un tripudio di sessismo, razzismo e bodyshaming.
lo sport ha rappresentato il mezzo attraverso il quale trasmettere valori come la collaborazione, l’altruismo, la socializzazione e il rispetto, tuttavia, rappresenta anche il contesto nel quale possiamo osservare frequentemente fenomeni di razzismo, sessismo, omofobia e aggressività. A partire da quest’ultimi, recentemente le attività sportive hanno rappresentato uno spazio di espressione di sentimenti fortemente omofobi e sessisti, come accaduto alla finale di trampolino sincronizzato femminile dei mondiali di nuoto.
Il problema però è più profondo. È insito nella cultura. Una cultura che ha bisogno di cambiare. È impensabile che una donna debba modificare a sua vita, le strade che percorre, il modo di vestirsi perché non si sente sicura. Questa storia sembra un déjà vu per quante volte è già stata sentita e ora ha stancato. Perché non è questione di politically correct, non è questione del fatto che “eh ma ormai non si può più dire niente”. E questione che siamo nel 2023 e avevamo giurato di essere migliori.