Palermo

Dazi, Bonaccini chiede di aprire al dialogo con gli USA

Illustrati i dati sulle tariffe doganali imposte dal governo statunitense ai prodotti agroalimentari siciliani

di piero messina per sicilia on demand -

Il governo italiano e l’Unione Europea devono fare di più per contrastare l’altenante politica tariffaria messa in atto dall’amministrazione americana sotto la guida di Donald Trump. Il presidente del Pd Stefano Bonaccini da Palermo rilancia l’allarme per la mazzata che incombe sul made in italiano e siciliano. I dati di Confindustria parlano di una perdita secca di oltre venti miliardi di euro.

“L’approccio del governo Meloni e della commissione europea è stato troppo morbido. Siamo partiti con dazi al 10 per cento ed oggi ci ritroviamo con il 15 per cento su prodotti come il vino, ma con misure estreme – penso all’acciaio e l’alluminio – con tariffe oltre il 50 per cento e, addirittura, con più del 100 per cento sulla pasta. E’ chiaro che bisogna riportare il governo americano al tavolo delle trattative”.

Al convegno organizzato da Legacoop nella sede della Camera di Commercio spazio anche alla visione siciliana dei dazi a stelle e strisce. Il valore delle esportazioni di prodotti agroalimentari siciliani verso gli Stati Uniti ha superato nel 2024 i 200 milioni di euro, rappresentando circa il 20% dell’intero export regionale verso il mercato americano. Anche in questo caso i dazi indicano una brusca frenata per il 2025. Il +15% ad valorem su vino e distillati di provenienza europea, in vigore dal 1° agosto 2025 rischia  di penalizzare le produzioni di punta delle cooperative siciliane, dal vino all’olio d’oliva, fino ai formaggi tipici e alle conserve. E’ l’analisi di Legacoop.

La regione prova a rassicurare, ricordando che nulla sarà lasciato intentato per sostenere l’export oltreoceano delle nostre imprese. Edy Tamajo, assessore regionale alle attività produttive, ha ricordato che il governo siciliano sta puntando molto sull’internazionalizzazione e non si esclude anche di orientare le nostre esportazioni verso mercati meno ostili di quanto sia oggi il panorama nordamericano.