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Domani il summit Trump-Putin
Gli occhi del mondo puntati sull'Alaska
Domani tutti gli occhi del mondo saranno puntati sulla base militare americana di Anchorage in Alaska. Il vertice bilaterale tra Stati Uniti e Russia non si occuperà solo della guerra in Ucraina, questo si è capito … sul tavolo Donald Trump e Vladimir Putin metteranno anche i loro rapporti economici e geopolitici, i rispettivi rapporti con la Cina, il futuro dello sfruttamento energetico delle regioni artiche, gli altri teatri di crisi internazionale. Per gli europei però sono prioritarie le eventuali scelte o proposte per porre fine all’operazione militare russa in Ucraina (che è una guerra a tutti gli effetti). L’assenza di Kiev in questo primo incontro è simbolica e sostanziale, così come lo è quella europea al di là del “contentino” mediatico e politico della video conferenza di ieri di Trump proprio con gli europei. Una video conferenza utile soprattutto all’inquilino della Casa Bianca per rafforzare la sua posizione davanti all’inquilino del Cremlino. Del resto, al di là dei fiumi di parole e delle molteplici opinioni di esperti, leaders, politologi ed economisti, dallo scorso gennaio ad oggi, ovvero dal suo insediamento, Trump ha vinto la sua pur confusa e contraddittoria “guerra commerciale” dei dazi con l’Ue e ha ottenuto che i paesi membri della Nato triplicassero la loro spesa militare nell’Alleanza Atlantica. Dunque non si capisce perché mai voglia o debba cambiare strategia discutendo del futuro dell’Ucraina! Emblematica la dichiarazione di ieri del cancelliere tedesco Merz “sogno dopo il vertice in Alaska un trilaterale con Trump, Putin e Zelensky”: e se chi governa la Germania, ovvero la nazione economicamente più forte dell’UE, “sogna” un prossimo summit senza se stesso e senza la Von der Lyen vuol dire che non siamo messi benissimo a Bruxelles, Berlino, Parigi, Roma, Londra eccetera. Questi sono fatti, non opinioni! Poi ci sarebbe anche un lungo elenco da stilare, sempre di fatti e non di idee, aspirazioni e propagande varie. Se lo accorciamo e sintetizziamo al massimo è questo:
1) Se la trattativa con Mosca dovesse fallire, Trump ha assicurato che “ci saranno conseguenze” ma senza specificare quali.
2)La guerra reale sul campo vede ormai da tempo circa 100.000 chilometri quadrati di territorio ucraino saldamente nelle mani russe: molte aree costiere sono ricostruite e completamente nazionalizzate da Mosca. Ricordate ad esempio la roccaforte di Mariupol? Oggi è una località di villeggiatura con villette acquistate dalla benestante borghesia moscovita e di San Pietroburgo.
3)A Kiev mancano soprattutto i soldati, il morale è basso e la percentuale di popolazione disposta a rinunciare al Donbass e ad altre regioni pur di far cessare il conflitto cresce da almeno un anno in maniera esponenziale.
Di contro va pure ricordato come l’ipotetico “scambio di territori” paventato di recente da Trump vorrebbe dire il riconoscimento e la convalida del risultato di un’aggressione violenta da parte di tutto l’Occidente, USA compresi. Bene, l’opinione pubblica americana qualcosa dovrà pur contare nelle mosse del suo presidente, almeno quella attenta ai fatti esterni, memore della contrapposizione storica con l’Unione Sovietica di un tempo e certamente non filorussa oggi. E infine la Russia dopo tre anni e mezzo di guerra non può pensare di andare avanti all’infinito in un’operazione costosa in termini economici, sociali, umani. Comunque per adesso al tavolo delle trattative vanno soltanto loro due e restiamo in attesa della conferenza stampa di Trump e Putin domani. Lo facciamo ricordando un vecchio, cinico e sempre attuale proverbio: “se non siedi a tavola vuol dire che probabilmente fai parte del menu” …