Attualità
“Liberi di scegliere”, prima legge contro la cultura mafiosa
All'Ars la presentazione della legge nata da un protocollo applicato in Calabria
A quarant’anni dalla prima legge che colpiva i patrimoni mafiosi, la Sicilia scrive un nuovo capitolo nella lotta alla criminalità organizzata: l’Assemblea Regionale ha varato la legge “Liberi di scegliere”, ispirata al protocollo elaborato dal magistrato Roberto Di Bella e già applicato con successo in Calabria e poi in Sicilia. Il testo, fortemente voluto dalla Commissione regionale Antimafia presieduta da Antonello Cracolici, punta a sottrarre i figli ai contesti familiari mafiosi, anche con la revoca della potestà genitoriale, per interrompere il ciclo della cultura mafiosa e offrire un’alternativa concreta.
“Questa è una vera sfida che speriamo diventi presto una legge nazionale – ha dichiarato Cracolici – perché mette in discussione il valore simbolico della ‘famiglia’ mafiosa. È anche una rivoluzione amministrativa, perché obbliga la macchina regionale a dare una risposta di sistema, con assessorati che lavorano insieme su un obiettivo comune. Serve a far sentire i boss sconfitti anche sul piano della reputazione, ed è proprio lì che dobbiamo colpire, perché purtroppo godono ancora di consenso anche tra chi mafioso non è”.
Il protocollo che ha ispirato la legge è stato ideato dal presidente del tribunale per i minorenni di Catania, Roberto Di Bella, già applicato nei contesti di ’Ndrangheta e poi in Sicilia. “L’amore per i figli è la chiave di volta – ha detto Di Bella – che ha permesso a tante donne di rompere con una rassegnazione secolare. Abbiamo già coinvolto oltre 200 minori tra Sicilia e Calabria, con 34 madri che hanno seguito i figli fuori dai clan. Di queste, 7 su 8 a Catania sono diventate testimoni di giustizia, e ci sono stati casi di boss che hanno scelto di collaborare dopo il nostro intervento”.
A sottolineare la portata innovativa del provvedimento anche Claudia Caramanna, procuratrice presso il Tribunale per i minorenni di Palermo, già oggetto di minacce per la sua attività: “La lotta alla mafia non può essere delegata. Questa legge segna un punto di svolta anche per il coordinamento istituzionale: siamo passati da 11 procedimenti nel 2022 a oltre 150 nel 2025. La repressione è importante, ma lo è anche offrire protezione concreta alle madri che vogliono uscire da logiche criminali”.
All’incontro all’Ars, organizzato da Cracolici, hanno partecipato anche la senatrice Enza Rando, della commissione nazionale Antimafia e responsabile cultura della legalità, Laura Vaccaro, procuratrice aggiunta a Palermo, monsignor Antonino Raspanti, presidente della Cesi, gli assessori regionali Nuccia Albano e Mimmo Turano, e i rappresentanti degli ordini degli avvocati, degli assistenti sociali e degli psicologi. Un fronte compatto, che chiede ora di portare questa legge a livello nazionale, affinché sempre più minori possano essere “liberi di scegliere”.