Palermo
Scarcerati i fedelissimi di Matteo Messina Denaro per scadenza dei termini di custodia cautelare
Le indagini che portarono agli arresti risalgono a diversi anni fa, quando i carabinieri intercettarono il fruscio dei pizzini di Messina Denaro
È destinata a far discutere la recente decisione della Corte d’Appello di Palermo, che ha portato alla scarcerazione di alcuni uomini considerati fedelissimi di Matteo Messina Denaro, l’ex latitante più ricercato d’Italia. Tra loro, due capimafia di rilievo, Nicola Accardo e Vincenzo La Cascia, precedentemente detenuti al regime del 41 bis. La scarcerazione è avvenuta per la scadenza dei termini di custodia cautelare, dopo che la Corte è stata chiamata dalla Cassazione a rivalutare le pene inflitte in appello ai boss e gregari di Cosa nostra trapanese.
Le intercettazioni e l’operazione Anno Zero
Le indagini che portarono agli arresti risalgono a diversi anni fa, quando i carabinieri intercettarono il fruscio dei pizzini di Messina Denaro, una prova della sua attività da latitante e della sua continua influenza sugli affari mafiosi. Le intercettazioni rivelarono anche che Accardo, capomafia di Partanna, e Antonino Triolo discutevano di Messina Denaro, alludendo ai suoi spostamenti tra la Calabria e la Sicilia. Nel 2018, l’operazione Anno Zero, condotta dai carabinieri e dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Palermo, colpì la rete di protezione del boss di Castelvetrano, arrestando esponenti della sua famiglia, tra cui i cognati Gaspare Como e Rosario Allegra, oltre a diversi capimafia e fiancheggiatori. Nel 2019, con rito abbreviato, gli imputati furono condannati complessivamente a oltre un secolo di carcere, con pene confermate in appello nel 2021.
La revisione della Cassazione e le scarcerazioni
Nel 2023, la Cassazione aveva disposto una nuova valutazione da parte della Corte d’Appello di Palermo, chiedendo di riesaminare l’aggravante del reimpiego economico dei proventi mafiosi. La recente sentenza ha portato alla riduzione delle pene inflitte e, di conseguenza, alla scadenza dei termini di custodia cautelare per diversi imputati. Tra gli scarcerati, oltre ad Accardo e La Cascia, vi sono Andrea Valenti, Filippo Dell’Aquila, Angelo Greco, Calogero Guarino, Giuseppe Tilotta, Antonio Triolo e Raffaele Urso.
Una vicenda che solleva polemiche
La scarcerazione dei due capimafia, entrambi al 41 bis, ha sollevato polemiche e preoccupazioni, considerando il ruolo centrale che questi uomini avevano nella gestione delle attività criminali durante la latitanza di Messina Denaro. Le indagini dell’operazione Anno Zero avevano infatti svelato come il boss, tramite i suoi cognati, continuasse a gestire affari legati a racket, energie rinnovabili, grande distribuzione alimentare e scommesse online.
Un’intercettazione particolarmente scioccante emersa durante le indagini riguarda Vincenzo Signorello, collaboratore di Gaspare Como, che rivendicava la legittimità del rapimento e dell’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, figlio di un pentito, strangolato e sciolto nell’acido dopo oltre 700 giorni di prigionia, un crimine che aveva segnato profondamente la storia della mafia siciliana.