Palermo

Totò Schillaci “dimenticato” dai suoi compagni

Di quella famosa squadra di Italia 90 gli azzurri presenti erano solo tre: Bergomi, De Agostini e Giannini. Assenze pesanti per ricordare l'idolo delle notti magiche; il commentoè di Piero Messina

di piero messina per sicilia on demand -

Sono qui perché Totò Schillaci e la sua famiglia lo meritano. Beppe Bergomi, capitano della nazionale italiana di calcio del 1990, ci ha messo la faccia. Ed è venuto a Palermo per l’ultimo saluto al centravanti delle Notti magiche.

E gli altri compagni di squadra dove erano? Perché non sono venuti? Quasi tutti hanno preferito affidarsi ai social per ricordare quel giocatore che fece sognare milioni di italiani nell’estate di 34 anni fa.

Chi si aspettava una parata di stelle del calcio alle esequie di Schillaci c’è rimasto male.

Una ragione, profonda, quasi inconfessabile forse c’è. Quel ragazzo venuto dal profondo Sud, da una delle periferie più marginali di Palermo è stato  la variabile impazzita del mondo del calcio. Totò ha costretto tutti ad amarlo

Totò Schillaci, nel gotha del Calcio c’è entrato a gomitate, combattendo con quella rabbia e quegli occhi spiritati come se ogni pallone da giocare fosse una questione di vita o di morte.

A Totò Goal nessuno ha mai regalato niente e ogni sbaglio commesso – perché anche gli eroi sbagliano – diventava lo stigma per emarginarlo, per discriminarlo.

Perché oggi che tutti celebrano il campione e l’uomo, forse sarebbe il caso di ricordare le discriminazioni subite da quel talento genuino. Appena arrivato a Torino, per indossare la maglia bianconera della Juve l’accoglienza non fu delle migliori. L’epiteto più gentile era “Terrone”. Sotto casa, una volta, Totò trovò una scritta con lo spray Terrone di merda.

Il successo ai Mondiali 90 lo fece diventare una star mondiale. E i riflettori dei media si concentrano su di lui. L’anno successivo fu un mezzo calvario. La macchina da goal s’era inceppata e le critiche fecero uscire fuori la rabbia genuina e spontanea di un uomo buono ma pronto sempre a combattere.

L’11 novembre del 1990 Totò Schillaci, l’eroe dei Mondiali, con la Juventus scende in campo a Bologna. I bianconeri vincono 1-0, in panchina c’è Maifredi. Schillaci dà vita a un duello con Fabio Poli, un onesto mediano. Volano parole grosse. A fine partita Schillaci a Poli dice: “Ti faccio sparare”. Entrambi subirono una squalifica.

Poi la lite con Baggio. Il Divino Codino lo prende in giro negli spogliatoi. Totò gli sferra un pugno… Boniperti, leggendario presidente della Juve li multa entrambi.

Il clima attorno a Totò si fa rovente. E se prima i tifosi gli dedicavano un coretto sulle note di Beethoveen paragonandolo a Pelè, quella rima diventa uno sfottò: Totò diventa il calciatore che ruba le gomme delle auto.. Uno sfregio che riporta indietro le lancette del tempo a quando Totò per sbarcare il lunario faceva il gommista a Palermo.

Negli ultimi ventanni Palermo lo aveva quasi dimenticato. Oggi è tornato a essere l’eroe di quelle notti d’estate del 90. Ma di sicuro la sua memoria, da parte di chi venne trascinato quasi alla vittoria del Mondiale, meritava di più.